Mistretta Città Imperiale


Tra le molteplici comunità dell’Isola che vantano radici profonde nella storia, quella di Mistretta affonda le sue origini in tempi molto remoti e non esattamente precisabili. Tuttavia, è da almeno tre millenni che l’uomo frequenta questi luoghi, generando uno straordinario palinsesto urbanistico e territoriale.

Qui, a scapito dei Siculi che dominavano il centro della Sicilia, e contro la consuetudine di colonizzare luoghi litoranei, si sarebbe insediata una comunità fenicia che portava in dote il culto di Astarte, la grande Madre a cui avrebbero intestato l’insediamento chiamandolo Am-Ashtat, ossia città di Astarte, successivamente volgarizzato in Amèstratos, Amèstratus, Amestra, Mestraton, Mestracta e, infine, Mistretta.

All’epoca fenicio-punica seguiva, nel IV sec. a.C., un’alleanza politica con le vicine comunità siculo-siceliote e, dopo la drammatica sottomissione ai Romani (258 a.C.), Amèstratos si federava alle città di Halaesa, Kalé Akté ed Herbita per combattere insieme all’Urbe la pirateria nel Mediterraneo.

Fra il 73 e il 71 a.C., la località era vittima delle malversazioni del propretore Verre e, pertanto, meritevole della difesa di Cicerone che definiva gli Amestratini “sventurati” per avere subito vere e proprie estorsioni di denaro.

Tra il VII e il IX sec., per le indiscusse qualità della sua rupe munita, entrava a far parte del thema bizantino e godeva di una certa rinascita demografica con la formazione di villaggi nelle vicinanze dell’antico insediamento arroccato. Questi borghi si aggregavano intorno ad edifici di culto, il più delle volte dedicati a santi molto venerati nella chiesa orientale e segnavano le direttrici principali per la successiva espansione urbana.

Ulteriormente fortificata dai musulmani, diventava una piazzaforte dei Normanni che riconoscevano le qualità del suo inespugnabile castello: Giordano d’Altavilla, nel 1082, vi riparava durante la sedizione contro il padre Ruggero; Matteo Bonello nel 1160 faceva lo stesso contro Re Guglielmo I.

Al tempo di Federico II di Svevia, restando ancora tra le dotazioni del sovrano, veniva insignita col titolo di “città imperiale”. Col rafforzamento del feudalesimo il centro era concesso a diversi baroni e, nel XIV sec., si aggregava alla contea degli Alagona. Ancora una volta, nel 1338 aveva un ruolo attivo durante la ribellione agitata da Francesco Ventimiglia contro re Pietro d’Aragona.

Nel 1405, per volontà di Re Martino ritornava al Demanio e con l’oculata amministrazione civica dei molti feudi boscosi riusciva ad avviare un periodo di grande prosperità che si rifletteva nelle numerose imprese edilizie promosse dall’Università per il centro e per i casali di Reitano e di S. Stefano (acquedotti, strade, ponti, chiese, monasteri, ecc.). Ma nel 1630 la Corona spagnola decideva di vendere la città e il suo territorio a Gregorio Castelli, riducendoli nuovamente al giogo feudale. Dopo una vertenza durata quasi tre anni e gravose ipoteche la comunità si riscattava nuovamente al Demanio, mantenendo questa condizione fino al 1812 e attraendo aristocratici, facoltosi imprenditori e borghesi in affari con i poteri municipali, creando cioè le condizioni per una società molto vivace e per una prosperità che si percepisce ancora attraverso i suoi monumenti.

Dopo l’unità d’Italia, già individuata come Comarca e sede degli uffici di Circondario, Mistretta veniva designata per accogliere importantissime istituzioni con valenza territoriale, riuscendo ad esprimere anche numerose ed eccellenti personalità nell’ambito della cultura nazionale. (A. Pettineo)